venerdì 4 febbraio 2011

Panta rei.

1 commento:

  1. Il mio annaspare in passi disuguali, e seguire il tuo avanzare claudicante.
    Entrambi smarriti, perduti dentro la nostra vocazione esistenziale.
    Tento un volo con il pensiero, ma cado dentro percezioni primarie, primitive.
    Un istinto il mio, uguale alla bassezza interiore della sopravvivenza tua.
    Le mie immaginazioni precipitanti, e i nostri innumerevoli entusiasmi, ormai perduti nell’attese.
    I tuoi desideri colmi di entusiasmo, proprio simili ai miei.
    Ciò che calpestiamo dentro di noi, è una sprofondante caduta dentro il vuoto interiore.
    La paura, un dubbio atroce che dilania la nostra consapevolezza.
    Mai ci attese il tempo nostro, noi stessi viaggiatori consumati, deteriorati dal passato.
    La mia cognitività, la misurazione interiore della mia non conoscenza.
    Una forzata sopravvivenza la mia, che mi deturpò persino l’animo.
    In balia della storia stiamo, e dell’insignificante esistenza che ne rappresentiamo, siamo.
    Da bambino rivolto al cielo, dialogavo con la mia coscienza.
    Una necessità la mia, partecipante al sogno.
    Mai mi tese mano … il fato, nel fermare il tempo vano.
    Un sortilegio che fin dalla fanciullezza mi delegò nel disincanto.
    Sopraggiungeranno dopo di noi, altri sogni, altre esistenze.
    Nella mia adolescenza, amavo stare seduto con le gambe accavallate, pensieroso. Quasi per non voler uscire da un’ illusione benevola, dalla mia percepita realtà.
    Mai fu fermato dentro un incanto, il tempo nostro.
    Dell’esistenza tutto scorre inesorabile. Panta rei un fatale inganno.
    Il mio seguirti con animo sconcerto, nel tuo annaspare per logica avversa ed ineguale, uomo.

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